mercoledì 10 maggio 2017

Recensione "Una famiglia quasi felice" di Amanda Prowse

Buongiorno lettori,
oggi vi parlo del romanzo di Amanda Prowse, "Una famiglia quasi felice", edito da Newton Compton.
Buona lettura!


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LA RECENSIONE:

"Il motivo per cui rido è che negli ultimi diciotto anni avrei tanto voluto che qualcuno si preoccupasse di me o mi salvasse. Ma ora, per la prima volta dal giorno del matrimonio, non ho bisogno di qualcuno che mi salvi perché, finalmente, sono al sicuro."

Kate ha commesso un omicidio. Sta scontando una pena detentiva per questo. 
Ha perso tutto: casa, famiglia, amici, lavoro.. eppure pensa di non essere mai stata più felice di così. Finalmente è di nuovo libera, libera da quel matrimonio e dall'uomo che le ha rovinato la vita. Libera di sbagliare senza aver paura di essere punita, libera di fare una doccia senza timer, libera di smettere di lavare continuamente le lenzuola per lavare via il sangue delle ferite di corpo e anima. Ha ucciso suo marito, un uomo dal carattere irreprensibile, con una reputazione impeccabile... perlomeno per gli altri. Ma, in realtà, il preside Mark era un carnefice della peggior specie.

"Io non so come farà qualcuno ad amarmi e non so se sarò in grado di amare qualcuno, ora che so quanto può essere maledettamente orribile la gente, e questo mi mette una profonda tristezza."

La sua condanna di sette anni, ridotta a cinque per buona condotta, è finita. E' ufficialmente libera di ricominciare a vivere. I suoi figli non hanno ancora trovato il coraggio per incontrarla, non ha nessuno ad aspettarla, nessuno scopo e nessuna meta. Poi, l'illuminazione, potrebbe rendersi utile aiutando ragazze e donne che vivono o hanno vissuto casi simili al suo, può fare la differenza ed evitare il ripetersi di simili tragedie. Il suo progetto la distrae e la assorbe completamente, ma nei momenti statici, i pensieri non si fermano. Cambiare nome, avere un obiettivo, non è abbastanza... il terrore dei ricordi è pronto ad assalirla in ogni momento. 

"Non si sarebbe mai liberata dei ricordi di quello che le aveva fatto; le cicatrici arrivavano troppo in profondità e il dolore era ancora troppo in superficie. Non ci sarebbe mai stata pace per una come lei; era troppo spezzata."

Non ci riprende facilmente da traumi del genere, Kate l'ha capito.
La verità di questa consapevolezza la getta nello sconforto più totale: per quanto si impegni e cerchi di fare del bene, è condannata a vita. Il marchio di Mark è impresso troppo in profondità per essere eliminato. Una parte di lei vivrà sempre nel terrore e nella paura.
Sarà mai libera davvero?

Questo romanzo è incentrato su un tema molto attuale e del quale si parla sempre poco.
Kate è stata vessata in tutti i modi possibili, ha nascosto con coraggio, segni e cicatrici della crudeltà del marito per il bene dei figli, ma alla fine ha ceduto e lo ha ucciso. Il dualismo del suo personaggio è sconvolgente: da una parte c'è la vittima intimorita e terrorizzata, dall'altra una spietata assassina in grado di uccidere senza battere ciglio. Non si capisce bene quale sia la parte predominante. L'autrice è stata molto brava a descrivere, in maniera accurata e dettagliata, la psiche della donna. In ogni momento sappiamo cosa sta pensando e perché agisce in un determinato modo. Il suo percorso di rinascita sembra andare per il meglio, ma l'incubo vissuto non smette di perseguitarla. Questo ci fa porre un interrogativo fondamentale: le donne che sopravvivono, avranno mai la speranza di una vita normale? L'autrice dà una sua devastante risposta alla domanda in un epilogo inaspettato ma giusto.
Ho apprezzato l'attenzione posta su gli altri componenti della famiglia, il loro punto di vista è interessante quanto sconcertante. La Prowse ha una scrittura molto diretta: brutale in alcuni punti, tenera e delicata in altri. Tutto il romanzo è una serie di luci e ombre che si trovano in equilibrio perfetto. Mi è piaciuto e lo consiglio!



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